Indagine Changes Unipol: Il 44% degli italiani non è contento della propria retribuzione


3 Maggio 2023|8 Minuti

Il 44% degli italiani non è contento della propria retribuzione e uno su due cambierebbe occupazione subito. La Generazione Z è la più scontenta. Ecco i principali risultati della ricerca Changes Unipol, elaborata da Ipsos, sul mercato del lavoro in Italia.

Il primo dato significativo che emerge dall’indagine è appunto quello relativo alla diffusa insoddisfazione dei lavoratori per la propria retribuzione: quasi la metà degli italiani ritiene il livello del proprio stipendio poco o per nulla soddisfacente (44%) mentre l’altra parte si dichiara abbastanza o molto appagata (56%).

Non emergono particolari differenze di genere tra chi lavora (l’insoddisfazione per la retribuzione riguarda il 44% degli uomini e il 44% delle donne), laddove invece le differenze generazionali si fanno sentire: soltanto il 49% dei giovani della Generazione Z (16-26 anni), all’inizio del proprio percorso professionale, si dichiara soddisfatto della propria retribuzione, a fronte di una quota del 57% dei Millennials (27-40 anni), del 58% della Generazione X (41-56 anni) e del 56% dei Baby Boomers (57- 74 anni).

Nella lettura per zone geografiche, spicca invece in positivo la quota di soddisfazione per la
retribuzione da parte dei lavoratori delle città del Sud e Isole (62%), probabilmente a causa di un
costo della vita più contenuto rispetto ad altri territori. Sia nel Nord che nel Centro Italia, i soddisfatti scendono infatti al 53% (con la quota più bassa di “molto” soddisfatti nel Centro Italia: soltanto il 3%).

Non è quindi sorprendente constatare che la retribuzione rappresenta il criterio di scelta più rilevante per valutare un’offerta di lavoro: viene infatti indicato dal 50% di coloro che lavorano, staccando nettamente la vicinanza a casa (33%), la stabilità/solidità dell’azienda (30%), e l’allineamento del ruolo offerto con le proprie aspirazioni (29%).

Importanti, ma non prioritari, la possibilità di conciliare il lavoro con le esigenze della vita privata (indicato dal 27%, dato che sale però al 32% tra coloro che stanno cercando lavoro) e l’offerta in termini di smart working (18% tra chi lavora e 20% tra chi sta cercando lavoro).

Le donne sono più sensibili, nella ricerca di un nuovo lavoro, ai temi del work-life balance (29% vs il
26% degli uomini, che sono invece più interessati a temi strettamente lavorativi come solidità dell’azienda, motivazione e incentivazione del merito). Tra le generazioni, sono invece i Millennials a dare maggiore peso all’offerta dell’azienda in termini di work-life balance.

Tra i lavoratori, il 49% è aperto alla possibilità di cambiare lavoro (in particolare il 14% sta cercando
attivamente e il 35% si sta guardando intorno), percentuale che sale al 76% tra coloro che sono attualmente insoddisfatti e che, nel 26% dei casi, sta cercando attivamente un nuovo lavoro. I più attivi sul mercato del lavoro sono i Millennials, che nel 63% dei casi si stanno almeno guardando intorno, mentre quasi fermi appaiono i Boomers, che solo nel 14% dei casi stanno prendendo in considerazione un cambiamento. Tra coloro che lavorano, soltanto 1 su 3 (il 33%) sarebbe disponibile a trasferirsi all’estero per accettare una proposta di lavoro, quota che sale al 41% tra coloro che stanno cercando attivamente un’occupazione (e che però soltanto nell’11% dei casi si dicono “certi” con convinzione di voler espatriare). La propensione a trasferirsi fuori dall’Italia per lavoro cresce al diminuire dell’età: quasi uno su due (46%) tra la Generazione Z si dice disponibile, a fronte di un 18% tra i più anziani Boomers, che invece nel 55% dei casi esclude categoricamente l’opzione estero. Rispetto al genere, i più propensi sono gli uomini rispetto alle donne (35% vs 26%).

In caso di cambiamento, i motivi di abbandono dell’attuale posto di lavoro sono nel 36% dei casi l’arrivo di un’offerta di lavoro migliorativa o comunque molto allettante, seguito da una retribuzione non adeguata (31%), ritmi di lavoro troppo pesanti (19%), clima aziendale non soddisfacente o cattivi rapporti interni (17%) e l’esigenza di meglio conciliare lavoro e vita privata (17%). Soltanto il 15% cambierebbe a causa di scarse possibilità di carriera e solo il 14% perché ha una forma contrattuale non soddisfacente.

Tra i desiderata legati all’occupazione, la modalità di lavoro preferita è di gran lunga quella ibrida (ufficio + lavoro da remoto), indicata nel 52% dei casi, a fronte di un 33% di lavoratori che vuole invece lavorare al 100% in presenza (dato che sale al 40% per la Generazione X dei 40-50enni). Soltanto il 15% vorrebbe invece idealmente un lavoro al 100% da remoto, percentuale che scende addirittura al 12% tra quanti hanno figli in età scolare o prescolare.

Tra chi lavora, il 61% è molto o abbastanza soddisfatto in termini generali della propria occupazione, mentre il 35% esprime insoddisfazione. Gli uomini sono più soddisfatti delle donne
(65% vs 56%), così come il 73% di chi ha un contratto a tempo indeterminato è soddisfatto, mentre è
meno soddisfatto chi lavora in part-time (46%). La soddisfazione cresce al crescere dell’età, con i Boomers appagati nel 72% dei casi e i Millennials soltanto nel 55% dei casi. Diversamente dal tema della retribuzione, in questo caso è il Nord Italia a spiccare in positivo con una quota del 15% di “molto” soddisfatti in generale per il proprio lavoro, a fronte invece delle città del Centro dove i molto soddisfatti non vanno oltre il 6%.

Se soltanto circa un lavoratore su 10 (l’11%) si dichiara “molto” soddisfatto per il suo work-life
balance, complessivamente 7 su 10 esprimono un giudizio positivo su questo aspetto di equilibrio
tra vita lavorativa e vita privata: una soddisfazione che, nel caso dei Boomers, più vicini al fine
carriera, sale addirittura al 77%. Ma soltanto il 10% dei lavoratori accetterebbe di rinunciare subito ad una piccola percentuale dellaretribuzione per migliorare il proprio work-life balance: una quota che sale al 27% se si include anche chi sarebbe disposto certamente a farlo, ma in futuro. Ancora una volta, sono i Millennials i
più aperti a questa ipotesi (il 13% è disposto subito ad una rinuncia in termini economici), mentre i
più giovani della Generazione Z sono i più propensi in ottica futura (22% dei casi).

L’idea della settimana lavorativa corta, a parità di ore complessive e stipendio, infine, è ovviamente
molto appealing, visto che quasi 1 lavoratore su 2 (il 46%) si dichiara “molto” interessato,
soprattutto tra le donne (49%) e i Millennials (50%), percentuale che cresce all’87% se si considerano
anche gli “abbastanza” interessati.


Indagine Changes Unipol: Il 44% degli italiani non è contento della propria retribuzione


CRU|3 Maggio 2023|8 Minuti

Il 44% degli italiani non è contento della propria retribuzione e uno su due cambierebbe occupazione subito. La Generazione Z è la più scontenta. Ecco i principali risultati della ricerca Changes Unipol, elaborata da Ipsos, sul mercato del lavoro in Italia.

Il primo dato significativo che emerge dall’indagine è appunto quello relativo alla diffusa insoddisfazione dei lavoratori per la propria retribuzione: quasi la metà degli italiani ritiene il livello del proprio stipendio poco o per nulla soddisfacente (44%) mentre l’altra parte si dichiara abbastanza o molto appagata (56%).

Non emergono particolari differenze di genere tra chi lavora (l’insoddisfazione per la retribuzione riguarda il 44% degli uomini e il 44% delle donne), laddove invece le differenze generazionali si fanno sentire: soltanto il 49% dei giovani della Generazione Z (16-26 anni), all’inizio del proprio percorso professionale, si dichiara soddisfatto della propria retribuzione, a fronte di una quota del 57% dei Millennials (27-40 anni), del 58% della Generazione X (41-56 anni) e del 56% dei Baby Boomers (57- 74 anni).

Nella lettura per zone geografiche, spicca invece in positivo la quota di soddisfazione per la
retribuzione da parte dei lavoratori delle città del Sud e Isole (62%), probabilmente a causa di un
costo della vita più contenuto rispetto ad altri territori. Sia nel Nord che nel Centro Italia, i soddisfatti scendono infatti al 53% (con la quota più bassa di “molto” soddisfatti nel Centro Italia: soltanto il 3%).

Non è quindi sorprendente constatare che la retribuzione rappresenta il criterio di scelta più rilevante per valutare un’offerta di lavoro: viene infatti indicato dal 50% di coloro che lavorano, staccando nettamente la vicinanza a casa (33%), la stabilità/solidità dell’azienda (30%), e l’allineamento del ruolo offerto con le proprie aspirazioni (29%).

Importanti, ma non prioritari, la possibilità di conciliare il lavoro con le esigenze della vita privata (indicato dal 27%, dato che sale però al 32% tra coloro che stanno cercando lavoro) e l’offerta in termini di smart working (18% tra chi lavora e 20% tra chi sta cercando lavoro).

Le donne sono più sensibili, nella ricerca di un nuovo lavoro, ai temi del work-life balance (29% vs il
26% degli uomini, che sono invece più interessati a temi strettamente lavorativi come solidità dell’azienda, motivazione e incentivazione del merito). Tra le generazioni, sono invece i Millennials a dare maggiore peso all’offerta dell’azienda in termini di work-life balance.

Tra i lavoratori, il 49% è aperto alla possibilità di cambiare lavoro (in particolare il 14% sta cercando
attivamente e il 35% si sta guardando intorno), percentuale che sale al 76% tra coloro che sono attualmente insoddisfatti e che, nel 26% dei casi, sta cercando attivamente un nuovo lavoro. I più attivi sul mercato del lavoro sono i Millennials, che nel 63% dei casi si stanno almeno guardando intorno, mentre quasi fermi appaiono i Boomers, che solo nel 14% dei casi stanno prendendo in considerazione un cambiamento. Tra coloro che lavorano, soltanto 1 su 3 (il 33%) sarebbe disponibile a trasferirsi all’estero per accettare una proposta di lavoro, quota che sale al 41% tra coloro che stanno cercando attivamente un’occupazione (e che però soltanto nell’11% dei casi si dicono “certi” con convinzione di voler espatriare). La propensione a trasferirsi fuori dall’Italia per lavoro cresce al diminuire dell’età: quasi uno su due (46%) tra la Generazione Z si dice disponibile, a fronte di un 18% tra i più anziani Boomers, che invece nel 55% dei casi esclude categoricamente l’opzione estero. Rispetto al genere, i più propensi sono gli uomini rispetto alle donne (35% vs 26%).

In caso di cambiamento, i motivi di abbandono dell’attuale posto di lavoro sono nel 36% dei casi l’arrivo di un’offerta di lavoro migliorativa o comunque molto allettante, seguito da una retribuzione non adeguata (31%), ritmi di lavoro troppo pesanti (19%), clima aziendale non soddisfacente o cattivi rapporti interni (17%) e l’esigenza di meglio conciliare lavoro e vita privata (17%). Soltanto il 15% cambierebbe a causa di scarse possibilità di carriera e solo il 14% perché ha una forma contrattuale non soddisfacente.

Tra i desiderata legati all’occupazione, la modalità di lavoro preferita è di gran lunga quella ibrida (ufficio + lavoro da remoto), indicata nel 52% dei casi, a fronte di un 33% di lavoratori che vuole invece lavorare al 100% in presenza (dato che sale al 40% per la Generazione X dei 40-50enni). Soltanto il 15% vorrebbe invece idealmente un lavoro al 100% da remoto, percentuale che scende addirittura al 12% tra quanti hanno figli in età scolare o prescolare.

Tra chi lavora, il 61% è molto o abbastanza soddisfatto in termini generali della propria occupazione, mentre il 35% esprime insoddisfazione. Gli uomini sono più soddisfatti delle donne
(65% vs 56%), così come il 73% di chi ha un contratto a tempo indeterminato è soddisfatto, mentre è
meno soddisfatto chi lavora in part-time (46%). La soddisfazione cresce al crescere dell’età, con i Boomers appagati nel 72% dei casi e i Millennials soltanto nel 55% dei casi. Diversamente dal tema della retribuzione, in questo caso è il Nord Italia a spiccare in positivo con una quota del 15% di “molto” soddisfatti in generale per il proprio lavoro, a fronte invece delle città del Centro dove i molto soddisfatti non vanno oltre il 6%.

Se soltanto circa un lavoratore su 10 (l’11%) si dichiara “molto” soddisfatto per il suo work-life
balance, complessivamente 7 su 10 esprimono un giudizio positivo su questo aspetto di equilibrio
tra vita lavorativa e vita privata: una soddisfazione che, nel caso dei Boomers, più vicini al fine
carriera, sale addirittura al 77%. Ma soltanto il 10% dei lavoratori accetterebbe di rinunciare subito ad una piccola percentuale dellaretribuzione per migliorare il proprio work-life balance: una quota che sale al 27% se si include anche chi sarebbe disposto certamente a farlo, ma in futuro. Ancora una volta, sono i Millennials i
più aperti a questa ipotesi (il 13% è disposto subito ad una rinuncia in termini economici), mentre i
più giovani della Generazione Z sono i più propensi in ottica futura (22% dei casi).

L’idea della settimana lavorativa corta, a parità di ore complessive e stipendio, infine, è ovviamente
molto appealing, visto che quasi 1 lavoratore su 2 (il 46%) si dichiara “molto” interessato,
soprattutto tra le donne (49%) e i Millennials (50%), percentuale che cresce all’87% se si considerano
anche gli “abbastanza” interessati.