Convegno promuovere la cultura della Prevenzione per la sicurezza nei luoghi di lavoro

Quanto è importante diffondere la cultura della ‪prevenzione‬ per la ‪sicurezza‬ nei luoghi di lavoro? Se ne è parlato a Torino il 18 Febbraio al convegno organizzato da Unisind.

 

L’attenzione alla prevenzione e alla sicurezza è una delle battaglie sindacali più importanti per la tutela del mondo del lavoro. L’importanza di questo tema, e dell’approccio col quale viene affrontato, non è soltanto etica ma pragmatica, poiché i costi sociali della non-sicurezza si rivelano nel tempo più pesanti della non-prevenzione.

Come per tutte le istanze collettive, in tema di sicurezza e prevenzione non si può prescindere da un confronto – anche serrato – fra tutti i protagonisti di un meccanismo delicato, fatto di imprese, istituzioni, rappresentanze e oltre naturalmente all’attore più importante: il lavoratore. Da tale necessità di dialogo costante, equilibrato e profondo ha preso le mosse l’iniziativa, promossa da Unisind con i propri soci, dal titolo La cultura della prevenzione e della sicurezza sui luoghi di lavoro che ha avuto luogo giovedì 18 febbraio presso la sala conferenze del Gruppo Abele, in corso Trapani 95 a Torino.

Il confronto, organizzato in forma di tavola rotonda, ha coinvolto sei protagonisti dal mondo della rappresentanza sindacale e datoriale, per fare il punto su un tema dai contorni in rapida trasformazione, offrendo modelli, strumenti, soluzioni operative disponibili anche alla luce dei mutamenti che hanno attraversato negli anni recenti il mondo dell’impresa e del lavoro.

Ha aperto il dibattito Enrica Valfré, Segretario generale CGIL Torino, tratteggiando il quadro di regole, istituti, servizi offerti ai lavoratori che definiscono l’azione di tutela del sindacato in questo campo. nel corso dell’intervento ha ricordato la peculiare attitudine alla cooperazione fra le istituzioni e le parti sociali che caratterizza il territorio torinese su questa materia, e richiamato alla memoria il noto studio svolto negli anni 70 dal sindacato con il servizio di medicina del lavoro a Mirafiori.

Dopo aver fatto una quantificazione sull’incidenza degli infortuni e delle malattie professionali nell’area torinese territorio, Domenico Lo Bianco, Segretario generale CISL T orino Canavese, ha proposto alcune chiavi di lettura sulle tendenze in atto. Fra queste, ha denunciato il pericolo insito nel contenimento eccessivo dei costi su appalti pubblici al massimo ribasso che inevitabilmente intaccano le spese per la sicurezza. Inoltre ha stato ricordato il cambiamento profondo che sta attraversando molta parte di un mondo del lavoro sempre più occupato in processi produttivi che, se riducono sensibilmente la pericolosità delle mansioni e delle attività, per altro verso portano alla luce problemi inediti, legati ai ritmi veloci e allo stress da essi generato.

Una lettura politica del fenomeno è stata offerta da Gianni Cortese, Segretario generale UIL Piemonte e Torino, che si è soffermato sui molti fattori esterni che influiscono sulla capacità reale di prevenire i rischi, spesso caratterizzati anche da una matrice culturale: la sensibilità limitata che permane verso una quota di imprenditori, la regolamentazione non sempre applicata, la crisi che modifica il modo stesso di fare impresa. Una crisi che ha ridotto il montante di ore lavorate, al quale va riferita almeno in parte la riduzione degli infortuni che in questi anni si è registrata.

Roberto Rinaldi, del Servizio sindacale all’Unione Industriali di Torino, è intervenuto sull’importanza della bilateralità, sostenendo che la consapevolezza dei rischi corsi è la miglior forma di tutela anche per l’impresa. Nel suo intervento ha ricordato un progetto sperimentato in un’azienda del territorio, realizzato grazie all’accordo fra imprenditori e sindacati, che testato l’impiego delle tecnologie ICT e della sensoristica per sollecitare i lavoratori all’uso corretto dei presidi di sicurezza: se non correttamente indossati dagli operatori al passaggio sotto i portali, suonava un allarme in officina. Ha inoltre sottolineato l’importanza delle attività di sensibilizzazione sulla sicurezza in tutti gli aspetti della vita, non solo professionale, da proporre alle scuole, alle prossime leve di lavoratori.

Il video dell'intervento conclusivo di Pierluigi Stefanini  (guarda su Facebook)

 

Le foto dell'evento


Strumenti per capire e utilizzare meglio le polizze

Come funzionano le polizze malattia? Cos'è l'RC professionale? Perché dovrei fare una pensione integrativa?

Districarsi tra le diverse tipologie di polizze assicurative non sempre è facile. Tra i tanti prodotti disponibili è importante capire qual'è quello più adatto alle nostre personali esigenze. È per questo che Unipol mette a disposizione uno strumento per capire e utilizzare meglio le polizze. Approfondimenti scritti e video che utilizzano un linguaggi chiaro e semplice per capire come proteggere al meglio noi, le nostre famiglie, la nostra casa, le nostre attività

Ecco il link "Gli strumenti per capire e utilizzare meglio le polizze"

Leggere di più


Nuova vita agli spazi abbandonati con il bando culturability di Fondazione Unipolis

400 mila euro per progetti culturali e sociali innovativi
che rigenerano vuoti urbani, ex siti industriali, edifici degradati
La call è aperta dal 15 febbraio al 15 aprile

Al via la terza edizione del bando culturability promosso da Fondazione Unipolis: 400 mila euro per progetti culturali e sociali innovativi che rigenerano e danno nuova vita a spazi, edifici, ex siti industriali, abbandonati o in fase di transizione. Cultura, innovazione e coesione sociale, collaborazione, sostenibilità economica, occupazione giovanile: questi gli ingredienti richiesti per riempire di creatività questi vuoti e restituirli alle comunità.

La call “culturability – rigenerare spazi da condividere” è aperta dal 15 febbraio al 15 aprile 2016. Al bando possono partecipare organizzazioni no profit, imprese private che operano in campo culturale ricercando un impatto sociale e team informali con prevalenza di under 35. I progetti dovranno essere inviati online tramite il sito www.culturability.org.

Fra le proposte pervenute, ne saranno selezionate 15 che avranno l’opportunità di partecipare a un percorso di formazione nei mesi di giugno e luglio. Tra queste, a settembre una Commissione di Valutazione selezionerà i 5 progetti finalisti che riceveranno 50 mila euro ciascuno e continueranno l’attività di mentoring. Gli altri 150 mila euro saranno utilizzati per realizzare le attività di formazione e accompagnamento per l’empowerment dei team, rimborsi spese per partecipare ai programmi di supporto.

Sin dalla sua prima edizione, il bando culturability ha sostenuto progetti di innovazione culturale con un impatto sociale promossi dai giovani. Quest’anno Fondazione Unipolis ha scelto di indirizzare il bando specificamente a iniziative di rigenerazione, con l’obiettivo di intercettare proposte rappresentative di un nuovo modo di produrre e fruire cultura nei diversi territori del Paese. Negli ultimi anni sono cresciute anche in Italia le esperienze di rigenerazione urbana. Progettualità differenti che vanno dal recupero di edifici abbandonati a percorsi di rivitalizzazione di quartieri periferici, passando per il riuso di spazi sottoutilizzati. In molte di queste esperienze, la cultura rappresenta il punto di partenza per avviare progettualità dal forte impatto sociale, che nascano dal basso all’insegna di processi di collaborazione e co-progettazione tra cittadini, organizzazioni private e istituzioni pubbliche. All’origine, c’è la disponibilità di edifici inutilizzati (oltre sei milioni quelli mappati), ma anche la diffusione di nuove logiche di sostenibilità e partecipazione territoriale. Attraverso il bando culturability, Fondazione Unipolis intende contribuire a far emergere e sostenere queste progettualità.

Il video che racconta il bando

https://vimeo.com/155157544


Intervista a Franco Pellino AD di Unisind

Il 18 febbraio a Torino si svolgerà il convegno dal titolo "Promuovere la cultura della Prevenzione per la sicurezza nei luoghi di lavoro  organizzato da Unisind in collaborazione con Unipol-Sai, CGIL, CISL, UIL e CRU Unipol

 

Abbiamo incontrato Franco Pellino AD di Unisind.
FRANCO_PELLINO

 

 Ci racconta come è nata UNISIND?
Unisind è un progetto nato nel 2008 da 18  agenzie del gruppo Unipol della provincia di Torino e dalle delegazioni di CGIL, CISL e UIL provinciali. Sentivamo l’esigenza di individuare delle nuove modalità per la gestione delle convenzioni assicurative.
Nel 2009 è stata creata la società di cui sono stato nominato Amministratore Delegato. In consiglio di amministrazione siedono i rappresentanti di CGIL, CISL, UIL provinciali e due agenti Unipol-SAI della provincia di Torino. Le agenzie Unipol hanno il 49%, CGIL, CISL, UIL si dividono il restante 51% paritariamente.
Nel tempo hanno aderito al progetto Unisind altre agenzie provenienti da gruppi acquisiti da Unipol Assicurazioni e oggi sono complessivamente 39.

 

Qual’è la “mission” di Unisind?
 L’obiettivo di Unisind è quello di offrire ai lavoratori dipendenti dei prodotti assicurativi vantaggiosi attuando il principio di circolarità della clientela tra le agenzie e supportando la vendita con personale formato. Gestendo i rapporti con il sindacato non sporadicamente ma in modo costante e continuo, si riescono a creare dei legami duraturi e delle connessioni dirette con il territorio. Questo ci permette infatti di dialogare con la base e con i rappresentanti sindacali offrendo strumenti assicurativi a costi ragionevoli che vanno in contro alle reali esigenze delle persone.

 

Quella di Unisind viene considerata una “best practice” ed è un’esperienza unica nel panorama italiano. Pensa che sia replicabile in altre provincie?
 Sì, è assolutamente un’esperienza replicabile in altre realtà, purché ci siano determinate condizioni. Prima di tutto una forte coesione (quasi un’amicizia) tra gli agenti.  È infatti indispensabile riuscire a creare un clima di totale collaborazione. E poi voglia di investire denaro e forza lavoro. I costi del progetto sono difatti a carico degli agenti. Qui a Torino però i risultati oggi ci premiano e abbiamo emesso dal 2009 quai 38.000 contratti in convenzione Unisind.

 

Quali sono altri fattori che hanno determinato il successo di questa esperienza? 
Il grande supporto di Unipol-Sai che ci permette di offrire condizioni effettivamente molto vantaggiose. Inoltre il sindacato ha superato il vincolo dell’esclusività dell’iscrizione sindacale. Quando entriamo in contatto con un rappresentante sindacale estendiamo la convenzione a tutti i dipendenti anche se non iscritti al sindacato e ai loro familiari conviventi. Questo ci ha permesso di ampliare moltissimo il numero di clienti potenziali.

Il 18 Febbraio prossimo avete organizzato un incontro dal titolo "Promuovere la cultura della Prevenzione per la sicurezza nei luoghi di lavoro" . Perché avete scelto questo tema?
Nel 2016 vorremmo proporre un ciclo di incontri con tematiche relative al lavoro dipendente. Siamo partiti dalla sicurezza perché noi offriamo dei prodotti assicurativi che tutelano il patrimonio del lavoratore ma la migliore tutela della salute è la sicurezza sul lavoro.

Cosa si può fare per aumentare la sicurezza sul lavoro?
Il 18 ne parleremo in maniera approfondita con diversi esperti. Personalmente penso che sia importante puntare, anche con l’aiuto dei sindacati, sulla prevenzione e soprattutto sulla formazione, sia degli imprenditori che dei lavoratori.  È solo attraverso la formazione che si ottiene la consapevolezza del rischio.


Promuovere la cultura della Prevenzione per la sicurezza nei luoghi di lavoro

PROMUOVERE LA CULTURA DELLA PREVENZIONE

PER LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

Quanto è importante diffondere la cultura della prevenzione‬ per la sicurezza‬ nei luoghi di lavoro? Se ne parlerà al convegno che si svolgerò a Torino il prossimo 18 Febbraio 2016

Ecco il programma.

TORINO, 18 FEBBRAIO 2016
SALONE DELLE “E” - GRUPPO ABELE, CORSO TRAPANI 95

16:30 Welcome coffee e registrazione dei partecipanti

16:45 SALUTO DI BENVENUTO

Don Luigi Ciotti, Presidente Libera

17:00 APERTURA DEI LAVORI

Mauro Casucci, Presidente Unisind

17:15 TAVOLA ROTONDA
Enrica Valfré, Segretario generale Cgil Torino
Domenico Lo Bianco, Segretario generale Cisl Torino Canavese Gianni Cortese, Segretario generale Uil Piemonte e Torino Paolo Alberti, Segretario CNA Torino
RobertoRinaldi, ServiziosindacaleUnioneIndustrialiTorino Nanni Tosco, Consiglio Indirizzo e Vigilanza INAIL
Francesco Brizio, Consigliere delegato Città Metropolitana di Torino e Sindaco di Ciriè

MODERA Annalisa Magone, giornalista e presidente Torino Nord Ovest

Durante l’incontro sarà proiettato il video Sicuri per mestiere sulla costruzione della Torre Unifimm a Bologna, best practice di cantiere a incidenti zero. Commenterà il progetto Paolo Zaccarelli, Direttore Risorse Umane CMB

19:00 CONCLUDE I LAVORI
Pierluigi Stefanini, Presidente Unipol Gruppo

prevenzione sicurezza lavoro 3


Intervento Alessandro Meozzi – 5° Assemblea Nazionale

INTERVENTO DI ALESSANDRO MEOZZI

PRESIDENTE CRU UNIPOL – UMBRIA

La tutela della salute rappresenta uno degli elementi cardine del patto sociale che lega i cittadini alla propria comunità. Questo tema, centrale nella vita delle persone, un diritto nella nostra cultura, è al centro del dibattito pubblico, politico e sociale nelle diverse aree del pianeta, sia nei paesi di più antica industrializzazione sia in quelli in rapido sviluppo.

In seguito alla crisi finanziaria ed economica del 2008 si è aperto, a livello globale, un confronto sulla sostenibilità sia dei sistemi di welfare pubblici – nei paesi come l’Italia, in cui c’è una copertura generalizzata dei cittadini) e nei paesi in cui il sistema sanitario è fondato sullo schema di assicurazioni private come avviene negli Stati Uniti.

In Italia a partire dal 2010 sono stati avviati programmi di contenimento della spesa pubblica che hanno interessato anche il finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale, stimolando la riorganizzazione dei diversi sistemi regionali verso l’efficienza dei modelli gestionali e il generale contenimento dei costi.

La riduzione delle fonti di finanziamento pubbliche unite alle trasformazioni demografiche ed epidemiologiche della popolazione stanno promuovendo ovunque processi di riorganizzazione.
Ciò che è accaduto anche in Umbria.
L’Umbria invecchia, ma ha una forte economia sociale

Le determinanti della domanda di salute e di welfare sono riconducibili ai cambiamenti demografici, socioeconomici, epidemiologici nonché a tutti quegli elementi di natura valoriale, etica e culturale che influenzano i comportamenti e gli stili di vita dei cittadini.

Il primo e più rilevante cambiamento è legato alla trasformazione demografica. In Italia nel periodo 2001-2011 è significativamente aumentata la popolazione anziana (in 10 anni gli over 65 sono passati da 10,6 a 12,4 milioni) e questo trend non è certo destinato a indebolirsi.

Se prendiamo in considerazione l’indice di vecchiaia della popolazione (il rapporto tra chi ha più di 65 anni e chi ne ha meno di 15 anni) vediamo che l’Umbria è una delle regioni del paese in cui tale indice assume valori più elevati. Ne consegue una deduzione semplice: anche in chiave prospettica, il tema della domanda di salute della popolazione anziana sarà in Umbria, più che in altre regioni, centrale per le future politiche sanitarie e socio sanitarie regionali.

A queste trasformazioni si aggiungono i cambiamenti dovuti all’effetto della crisi sul benessere delle famiglie. Come ha mostrato l’Istat, nel paese cresce la percentuale di famiglie
- che si trovano in una condizione di povertà assoluta (quasi il 6% - dati del 2011)
- che si trovano in una situazione di grave deprivazione familiare (11% nel 2011, ma erano il 7% nel 2010)
- che si trova a rischio di povertà (20%)

Intanto anche la struttura delle famiglie si trasforma: crescono le monoparentali e le persone anziane sole. In un decennio, fra il 2002 e il 2011, il numero medio di componenti delle famiglie è sceso mentre il numero di persone che vivono sole è passato da 5,5 milioni a oltre 7 milioni (e 3,5 milioni hanno più di 65 anni).
Il ruolo della cooperazione sociale

Una delle principali componenti del sistema di welfare regionale umbro è costituito dalla cooperazione sociale che fornisce servizi socio-assistenziali e svolge attività di inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

In Umbria, la cooperazione sociale ha da sempre assunto un ruolo determinante nella costruzione dei sistemi locali di welfare. Fin dagli anni settanta, le cooperative sociali hanno mostrato elevate capacità di captare, interpretare e soddisfare i bisogni sociali provenienti dalle comunità territoriali, spesso anticipando le politiche attuate dai soggetti pubblici.

L’Umbria è una delle regioni italiane in cui la cooperazione sociale è maggiormente diffusa e tale rilevanza emerge soprattutto in termini occupazionali.
Se consideriamo la capacità di creare occupazione delle cooperative sociali rispetto a quella più generale del settore non profit, l’Umbria risulta addirittura la prima regione in Italia.

Sono dati che mostrano con evidenza il peso e il ruolo assunto nel tempo dalle cooperative sociali in Umbria, risultato del percorso storico di costituzione e di affermazione della cooperazione sociale in questa regione.

Proposte e prospettive

Partendo da questo quadro vorrei provare a ragionare un momento sul ruolo che la cooperazione potrà avere nei prossimi anni, e sul contributo che potrà dare al processo di riforma del sistema di welfare – nella nostra regione e forse in Italia.

Abbiamo visto prima i due fattori principali che modificheranno profondamente (stanno già modificando) l’accesso al sistema sanitario pubblico, dunque il diritto alla salute: il fattore demografico e il fattore risorse.

In tema di sanità, saranno forti in futuro le spinte a recuperare adeguati livelli di efficienza dei sistemi sanitari regionali, riducendo sprechi ed inefficienze. Ma la riduzione degli sprechi sarà per l’Umbria attività più complessa che altrove.

Diverse fonti e ricerche indipendenti riconoscono al sistema sanitario della nostra regione un primato in termini di efficienza della spesa sanitaria e qualità dell’offerta.
Per queste ragioni, con molta probabilità, il percorso di riorganizzazione richiesto dovrà introdurre delle innovazioni “di modello”, valorizzando anche il ruolo delle cooperative sociali.

Il fattore cooperazione, appunto, che aggiungiamo con valenza positiva ai due sopra menzionati.

In Umbria, la cooperazione sociale particolarmente presente nelle attività di addestramento, avviamento professionale e inserimento lavorativo – meno nei settori tradizionali dell’assistenza sociale e della sanità.

Disponiamo per così dire di una ridondanza di risorse imprenditoriali, rappresentata dalle cooperative, che potrebbero svolgere un ruolo opportuno per la ridefinizione di un nuovo sistema di welfare regionale.

Il contributo che si può dare lavora su più assi:
più flessibilità dell’offerta di servizi sanitari e socio-sanitari, attraverso un processo di de-istituzionalizzazione della risposta ai bisogni delle persone anziane e non autosufficienti;
più appropriatezza degli interventi a favore delle persone anziane e non autosufficienti, potenziando in tempi brevi la rete di servizi territoriali sanitari e socio-sanitari;
più investimenti per innovare la rete di servizi socio-sanitari già esistente, con particolare attenzione ai servizi alle strutture residenziali e semi-residenziali per le persone con disabilità fisiche e psichiche.

Nuove forme di cooperazione focalizzata sul coinvolgimento dei cittadini e degli utenti potranno modificare dal basso il sistema di welfare regionale, magari attraverso forme di coproduzione dei servizi per rimettere al centro delle politiche e dei servizi le biografie delle persone.
Oggi, sotto il peso della crisi, i servizi sociali e sanitari sono sempre più spesso burocratici, a volte inefficaci e disumanizzati.

Per fare questo però sono necessarie politiche di capacitazione della cooperazione, in primo logo sociale, per creare il contesto culturale, organizzativo ed amministrativo utile ad aprire una nuova stagione di collaborazione tra attori pubblici e privati.


Intervento Graziano Di Costanzo – 5° Assemblea Nazionale

INTERVENTO DI GRAZIANO DI COSTANZO

PRESIDENTE CRU UNIPOL – ABRUZZO

Il tema che mi è stato ASSEGNATO è molto importante ed impegnativo. Infatti parlare di “lavoro” in un momento di crisi e di difficoltà come quello che stiamo vivendo, non è affatto semplice e vorrei evitare di ripetere le solite cose ovvie o banali. Perciò nel pochissimo tempo a disposizione vorrei partire da una prospettiva diversa.
Nell’immaginario collettivo siamo abituati ad associare la parola “lavoro” all’aggettivo dipendente così come spesso ci viene rappresentato nella maggior parte dei media. Ecco, innanzitutto vorrei sfatare questo luogo comune; lavoro è anche quello cosiddetto “autonomo e professionale” e lavoratori sono anche quelle migliaia di persone che pur non avendo dipendenti, contribuiscono con la loro attività a creare benessere e ricchezza per loro e per le loro famiglie. Un esempio concreto? In Abruzzo, l’Artigianato conta 74.000 addetti, 30.000 sono lavoratori dipendenti, 32.000 gli artigiani veri e propri e 12.000 sono i soci e i collaboratori familiari che operano direttamente nell’azienda. Se vogliamo allargare il discorso a tutti gli occupati della mia Regione, vediamo che su 467.000 addetti complessivi (dato riferito al 30.09.15), i dipendenti veri e propri sono di poco superiori alle 300.000 unità, mentre tutti gli altri sono artigiani, commercianti, agricoltori, liberi professionisti e lavoratori autonomi più in generale, che con il loro impegno e la loro attività contribuiscono, insieme ai loro collaboratori, alla crescita, allo sviluppo ed al benessere dell’intero Abruzzo.
Questo ragionamento mi porta ad affrontare il secondo argomento di questo mio intervento che è quello della crisi. E’ vero, si avvertono timidi segnali di ripresa, forse comincia a vedersi un po’ di luce in fondo al tunnel, e guai a noi a non guardare con positività e speranza a questi segnali, ma in Abruzzo la crisi sta ancora mordendo forte verso quel mondo che vi ho appena descritto. Da noi, in realtà una piccola ripresa c’è stata, ma ha riguardato finora le aziende più strutturate, quelle di maggiori dimensioni. E non lo dico io ma tutti gli indicatori economici che brevemente ma significativamente di seguito vi descrivo: Per quanto riguarda il Credito nel primo semestre del 2015 c’è stata una ripresa degli impieghi che sono aumentati di 254 milioni di euro a favore delle imprese. Se andiamo a guardare meglio però ci accorgiamo che il dato è cosi composto; +261 milioni alle imprese più grandi e -7 milioni alle microimprese. Stesso discorso per l’occupazione; al 30 settembre del 2015 il dato segnava -35.000 occupati rispetto al 1 gennaio dello stesso anno e la quasi totalità del segno negativo stava nel terziario, (- 29.000 occupati) settore costituito tradizionalmente da imprese di micro dimensioni. In questo caso l’Abruzzo si collocava all’ultimo posto delle regioni italiane con un -6,9% a fronte del dato nazionale che segnava un +1,2%. Infine l’export, dove nel primo semestre dell’anno scorso, nonostante un timido segnale positivo di +0,7% decisamente misero rispetto al +5% dell’Italia, a farla da padrone è stato il settore dell’automotive (quasi il 50% dell’intero valore dell’export regionale) rappresentato da aziende di grandi dimensioni di origine esogena rispetto all’Abruzzo. E anche qui le aziende di minori dimensioni hanno decisamente segnato il passo.
E così arrivo al terzo argomento che si inserisce bene a mio avviso in quello che è il filo conduttore di questo incontro di oggi “NESSUNO DEVE ESSERE LASCIATO SOLO”. Il mondo del lavoro autonomo e della microimpresa, che dà lavoro ricordiamolo a oltre il 50% di tutti gli occupati del nostro Paese, rischia davvero di perdere ulteriore terreno e di sentirsi ancora più solo rispetto ad un contesto economico che non lo aiuta; ad istituzioni e apparati burocratici che percepisce ormai sempre più ostili se non lontane dai suoi bisogni e incapaci di essere minimamente risolutori dei suoi problemi. E quì sta, a mio avviso, la grande opportunità di questa mattina. Opportunità dettata, naturalmente, dalla possibilità che un grande operatore assicurativo/bancario della levatura di Unipolsai possa diventare, più che continuare ad essere, un partner concreto e affidabile per il nostro mondo. Un partner cioè in grado di mettere in campo servizi e prodotti specifici per le imprese che le renda più competitive sul mercato e le aiuti, davvero, a superare questo momento di difficoltà. L’approccio però deve essere quello giusto e cioè dare valore, per esempio, alle grandi convenzioni nazionali, perché deve essere quello il livello in cui svolgere la relazione principale, ma poi bisogna far vivere gli accordi sul territorio perché invece, è dalla qualità e intensità delle relazioni tra le persone nei territori che dipenderà il successo del rapporto.
Vedete io sono Presidente del CRU Abruzzo da 3 anni, ma da tanti anni sono componente di questo organismo e mi sono convinto che questa relazione, così antica e così moderna nello stesso tempo, rimarrà vincente se saprà coniugare sempre più la sua parte sociale e istituzionale con quella economica e di mercato. E’ stata questa, sicuramente, una delle chiavi del successo di Unipol, che la nuova Unipolsai deve continuare a considerare strategica, con intelligenza e lungimiranza. I documenti preparatori che ho letto mi sembra vadano in questa direzione e mi auguro che i lavori e i contributi di tutti noi questa mattina ne diano un’ulteriore conferma.


Introduzione Aleardo Benuzzi – 5° Assemblea Nazionale

INTRODUZIONE DI ALEARDO BENUZZI

RESPONSABILE NAZIONALE DEI CRU UNIPOL

 

IL RUOLO SOCIALE DELL’ASSICURAZIONE

NESSUNO DEVE ESSERE LASCIATO SOLO” è lo slogan che abbiamo individuato per questa 5° Assemblea Nazionale dei CRU Unipol. Per il nostro gruppo assicurativo questo slogan vuole essere un modo per richiamare una volta di più il ruolo sociale dell’assicurazione.
Cosa intendiamo per ruolo sociale dell’assicurazione e come lo dobbiamo interpretare? Principalmente in 3 declinazioni:

  1. Partnership di soluzione
  2. Il mutualismo
  3. Le reti fisiche sui territori

1- Di fronte alle difficoltà attuali del sistema paese è necessario trovare nuove risposte di integrazione pubblico – privato. Faccio un esempio in campo sanitario perchè è di più immediata comprensione. Oggi, in campo socio-sanitario, l’integrazione pubblico-privato a cui solitamente si pensa è di carattere meramente esecutivo, “verticale” potremmo dire, cioè le prestazioni sono fornite ai cittadini o direttamente dalle strutture pubbliche o dalle strutture private convenzionate con il pubblico. In un sistema in cui la questione del controllo dei costi è fondamentale, sia per il pubblico che per il privato, il tema della partnership, a nostro avviso, necessariamente si colloca sul piano della progettazione complessiva di un servizio, divenendo così più “orizzontale”, con il risultato, tra l’altro, di definire in modo più trasparente il costo per i cittadini di una determinata prestazione.

In sostanza, in una partnership di soluzione diventa necessario, per il pubblico e il privato, coprogettare le modalità di erogazione di un determinato servizio.

Questa impostazione necessita di due requisiti imprescindibili:

A. Il pubblico detta le regole. Sul suo capo deve restare il compito di programmazione e di controllo, che non può e non deve essere delegato ad alcuno;
B. I privati chiamati a realizzare questo tipo di partnership debbono cercare un rapporto equilibrato fra la propria attività e la sostenibilità, incorporando quest’ultima nel proprio pensiero strategico e nelle conseguenti politiche aziendali. Sostenibilità intesa complessivamente in chiave economico-sociale e considerata nell’ ottica dell’insieme della società e del contesto in cui un’azienda opera.

2- Da questo primo livello elaborativo scaturisce la questione del mutualismo, inteso proprio come una possibile modalità per non lasciare nessuno da solo. Oggi, con l’attuale schema di sussidiarietà verticale, chi non è nella filiera del tradizionale assetto produttivo rischia di essere lasciato solo e quindi a noi pare necessaria l’attualizzazione di un principio antico, ma sempre valido nella sua accezione profonda: il mutualismo e l’autorganizzazione sociale.

3-Terzo livello del ragionamento: l’autorganizzazione sociale può trovare nelle reti fisiche sul territorio uno strumento di realizzazione oltre che di diffusione di soluzioni individuali accessibili, il cosiddetto terzo pilastro (anche così nessuno viene lasciato solo).

In sostanza, proponiamo:
- un pubblico forte e qualificato che scelga, programmi e controlli, un privato solido che, coprogettando con il pubblico, investa in soluzioni innovative;
- nella migliore tradizione del movimento cooperativo e mutualistico, una pratica di autorganizzazione sociale che superi in avanti la dicotomia di un pubblico che si ritira sempre più per problemi di disponibilità di risorse e di un privato costretto a soluzioni fai da te, quasi sempre penalizzanti per le persone singole, data la forte disparità di potere contrattuale e costosità delle soluzioni;
- infine, proponiamo che, sui territori, Unipol e le Organizzazioni del mondo del lavoro e delle imprese cerchino di tradurre questi orientamenti, se condivisi, in un rapporto solido e concreto.

Per Unipol questa visione è doppiamente impegnativa, per la matrice sociale da cui deriva e di cui è permeata e per il settore in cui opera, quello della sicurezza delle persone e delle imprese.

Questi sono gli aspetti di fondo che, a mio avviso, tengono insieme i tre filoni.

I CRU NELLA REALTA’ DELLA NUOVA IMPRESA
In un contesto così diverso i CRU non possono più essere, se mai siano stati solo questo, una sorta di comitati di propaganda per Unipol, ma sempre più dovranno rappresentare momenti e sedi nei quali rendiamo concreti e praticati i rispettivi punti di vista e i rapporti sul territorio, in chiave di collaborazione reciproca.
In poche parole una sede in cui facciamo mutualità di esperienze diverse.
In questo senso, proprio allo scopo di qualificare bene le relazioni e le reciproche opportunità nel nuovo contesto in cui tutti ci troviamo, anche in considerazione del ruolo che il gruppo è chiamato a svolgere nel sistema Italia, penso che sia opportuno aggiornare la nozione di mercato di riferimento, che è stata una caratteristica dello sviluppo di Unipol dagli anni 70 in poi.
Un modello di relazione basato sul concetto di stakeholder management a me pare risponda meglio alle rispettive esigenze.
Questa nuovo tratto delle nostre relazioni, a mio avviso, presuppone:

  • una prospettiva generale condivisa (che si rispecchia nelle iniziative sui territori)
  • sedi di confronto (i CRU, rinnovati e aggiornati, che mantengono tutta la loro attualità)
  • strumenti specifici adeguati di informazione e di circolazione delle idee e delle informazioni

In realtà, nell’attività sui territori, già da qualche tempo ci muoviamo secondo una logica di stakeholder engagement.
Dalla precedente assemblea abbiamo realizzato una serie di iniziative che, a mio avviso, vanno in questa direzione.

Nel corso del 2016 vorremmo ampliare e mettere a regime questo modello di relazione, attraverso una serie di ulteriori progetti, dai quali possa emergere il ruolo di Unipol come sostenitore di iniziative di sviluppo locale, individuate ed elaborate con le parti sociali e in collaborazione con le amministrazioni pubbliche, in particolare le Regioni.
Insomma, un vasto e differenziato lavoro di partenariato sui diversi territori.
Il lavoro messo in cantiere nelle regioni del sud potrebbe anche sfociare in un momento specifico di discussione sul meridione organizzato da tutti i CRU delle regioni meridionali.
L’obiettivo di stare a pieno titolo in Europa non può infatti riguardare solo una parte del nostro paese, ma deve comprendere tutta l’Italia, a maggior ragione se considerato dal punto di vista di una grande impresa nazionale.
Per concludere questa parte del mio intervento:
bilanciamento degli interessi, sostenibilità, responsabilità verso i territori, anche attraverso la partecipazione a questo insieme di iniziative; condivisione di punti di vista, idee e valori con il mondo che produce impresa e lavoro, secondo un’idea di sviluppo e di sostenibilità che guarda all’insieme delle comunità, delle Istituzioni e della società.
Per noi tutto questo rappresenta un profilo di azienda e un modo di stare sul mercato; per i CRU può rappresentare una modello partecipativo di relazione moderna con una grande azienda italiana di servizi.

UNA RINNOVATA RELAZIONE FRA LE ORGANIZZAZIONI E UNIPOL
Nel corso del 2016 si apriranno le trattative per una serie di importanti rinnovi contrattuali e andremo al rinnovo delle convenzioni nazionali.
Si tratta di fatti molto diversi fra loro ma entrambi significativi per la qualità delle nostre relazioni.
Nel primo campo, secondo quello che emerge dalla stampa, il tema di individuare soluzioni di welfare integrativo a vantaggio dei lavoratori sarà fortemente presente nelle piattaforme e nelle possibili chiusure di accordi: le esperienze compiute in passato, ma anche il lavoro fatto dai CRU sui territori ci dicono che anche in questa circostanza Unipol potrebbe rappresentare per le OO.SS. un soggetto di riferimento sul mercato.
Nel secondo caso, il rinnovo delle convenzioni nazionali, ci aspetta un lavoro importante anche in termini di innovazione.
Due, a mio avviso, dovrebbero essere i punti fermi da cui partire per questa attività: individuare soluzioni adeguate per gli iscritti alle Organizzazioni e realizzare attività di conoscenza e di sviluppo sui territori. Entrambe le cose le possiamo fare insieme.
So bene che sul tema delle convenzioni, a volte, siamo in presenza di criticità e di contraddizioni che ne frenano le potenzialità: ma sono anche convinto che l’approccio giusto sia quello di governare queste criticità e contraddizioni con la capacità di capirci reciprocamente.
Gli ultimi due temi che metto alla vostra attenzione, e di cui citerò soltanto il titolo, sono quelli dei progetti di collaborazione fra le nostre reti sul territorio e dei nuovi strumenti di informazione e di comunicazione che vogliamo mettere a punto.
Nel campo dei progetti di collaborazione abbiamo esperienze che è utile condividere, analizzare, migliorare, uscendo dalla fase “artigianale” che le ha contraddistinte, per passare invece ad un livello più “industriale”, mettendo a regime i rapporti e strutturando meglio i processi. Penso alle diverse iniziative che abbiamo realizzato con i CAF, anche con significativi risultati, che è bene riprendere e qualificare; penso al progetto produttori della CIA, per il rilancio del quale stiamo lavorando.
Un cenno finale sugli strumenti di condivisione di informazioni e di esperienze. Nel 2016 faremo un deciso salto di qualità in fatto di strumenti social: avremo il sito dei CRU, il rilancio della newsletter, la pagina facebook e il profilo twitter.
Stiamo quindi investendo anche in questo campo: il miglior ritorno di questo investimento per noi sarà l’effettivo utilizzo di questi strumenti e di queste opportunità da parte dei nostri stakeholder: sono sicuro che se questo avverrà ci saremo reciprocamente arricchiti e qualificati.


Intervento Giovanna Castagna – 5° Assemblea Nazionale

INTERVENTO DI GIOVANNA CASTAGNA

PRESIDENTE CRU UNIPOL – SICILIA

Il legame tra il mondo assicurativo nella sua interezza e le imprese, al di là della loro specificità produttiva, è certamente indispensabile e declinabile in varie forme a seconda della peculiarità aziendale e troppo spesso dell'ubicazione territoriale delle stesse. Credo pertanto che in prima analisi dovrebbe essere in qualche modo equilibrato il rapporto territoriale tra costo e rischio, occorre cioè creare le condizioni affinché le disparità di opportunità siano ridotte al minimo: questo dal canto suo produce come effetto immediato opportunità di ampliamento per il gruppo, ampliamento non solo in termini numerici ma anche possibilmente in tipologie di servizi offerti.

Nel settore agricolo, ma lo stesso in forme diverse vale per altri settori, occorre certamente definire il ruolo delle assicurazioni, da un lato rispetto alle imprese e dall’altro rispetto al mondo amministrativo: se è vero come è vero che l'impresa deve sempre affidare la propria credibilità finanziaria al mondo assicurativo è anche vero che l'amministrazione deve tutelarsi rispetto alle imprese attraverso il mondo assicurativo; pertanto occorrerebbe regolare in modo meno arbitrario questo rapporto affinché non vengano meno tutele e servizi e allo stesso tempo l'impresa non sia costretta a sottostare alle speculazioni di turno o, ancora peggio, non sia costretta ad affidarsi a poco credibili agenzie delle quali poco o nulla conosce e che spesso non risultano essere efficienti e puntuali.

Per quei comparti per i quali le amministrazioni non offrono sostegno in quanto potenzialmente tutelati dai gruppi assicurativi occorre studiare pacchetti specifici, con preventiva collaborazione progettuale tra gruppo assicurativo e organismo amministrativo, al fine di favorire la diffusione di servizi che seppure non obbligatori ma complementari, si rivelano indispensabili strumenti per le imprese, a volte di vitale importanza e al tempo stesso, laddove si riescono ad individuare le condizioni, favorire un dialogo col mondo amministrativo che ambisca ad un reale processo di crescita per le imprese e, va da se, uno sviluppo economico che inevitabilmente si ripercuote su ogni ambito.

Queste sono alcune opportunità da poter cogliere e mettere a frutto e sono opportunità bidirezionali, sono cioè opportunità a cui le aziende tendono ed opportunità che il gruppo potrebbe e dovrebbe cogliere per una più completa linea di servizi offerti alle aziende, essendo oltretutto uno dei pochi gruppi che

può vantare solidità, storicità e tradizione mutualistica consolidata, oltre ad una linea pressoché completa di servizi assicurativi e finanziari.
All’interno di queste e altre possibili azioni si colloca e rafforza il ruolo dei CRU, che per composizione sono deputati alla rappresentanza degli interessi delle imprese anche con funzioni di mediazione con le istituzioni e in tale contesto si rivelano portatori di interessi che possono in questa direzione rivelarsi opportunità di crescita e sviluppo sostenibile e, credo di poter affermare con certezza, più che auspicabile. Un progetto complessivo e ramificato, declinato poi sulle singole realtà territoriali, risulta possibile e percorribile, un progetto che già da oggi pone le basi di una nuova visione e funzione dei CRU.